Altri due spoltoresi sono stati trovati positivi al Covid 19

Altri due spoltoresi sono stati trovati positivi al Covid 19 e sono in “isolamento domiciliare”. Sale, dunque, a trentaquattro il bilancio dei nostri concittadini contagiati dal Coronavirus mentre in Abruzzo, stando al consueto bollettino sanitario, il numero complessivo è 2.245. Molti, ahinoi, temono che il numero sia purtroppo destinato a crescere con il numero di controlli tampone. Nell’augurare ai nostri concittadini di superare questa difficoltà e di tornare presto alle loro vite, non possiamo non affrontare nuovamente il tema scottante dei test diagnostici per il SARS COV2, anche alla luce di una corretta gestione della cosiddetta “fase due”, e lo facciamo analizzando quanto stabilito dagli organi competenti.

Le disposizioni del Ministero della Salute prevedono che per poter essere sottoposti a tampone
debbano ricorrere delle circostanze molto specifiche e dettagliate, indicate in diverse circolari emesse nei mesi di marzo ed aprile 2020, in cui sono indicati gli elementi che fanno supporre di trovarsi di fronte a casi sospetti, ai quali il tampone viene somministrato seguendo precisi criteri di priorità.

Per precisione, si parla di probabile COVID 19 da testare quando il medico si trova di fronte ad:

1) un soggetto con infezione respiratoria acuta (insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti segni e sintomi: febbre, tosse e difficoltà respiratoria), con causa sconosciuta o proveniente da paesi od aree interessati alla diffusione del virus nei 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi;
2) una persona con una qualsiasi infezione respiratoria acuta e che è stata a stretto contatto con un caso probabile o confermato di COVID-19 nei 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi;
3) Un paziente con infezione respiratoria acuta grave (febbre e almeno un segno/sintomo di malattia respiratoria – es. tosse, difficoltà respiratoria) e che richieda il ricovero ospedaliero.

I primi ad essere sottoposti a tampone sono i pazienti ospedalizzati con infezione acuta respiratoria grave; poi tutti i casi di infezione respiratoria acuta ospedalizzati o ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali e nelle altre strutture di lunga degenza; poi operatori sanitari esposti a maggior rischio per tutelare gli operatori sanitari e ridurre il rischio di trasmissione nosocomiale; in seguito gli operatori dei servizi pubblici essenziali sintomatici, anche affetti da lieve sintomatologia per decidere l’eventuale sospensione dal lavoro; gli operatori, anche asintomatici, delle RSA e altre strutture residenziali per anziani; e le persone a rischio di sviluppare una forma severa della malattia e fragili, con segni di malattia acuta respiratoria, che possono richiedere ospedalizzazione e cure ad alta intensità per COVID-19. In ultimo primi individui sintomatici all’interno di comunità chiuse per identificare rapidamente i focolai e garantire misure di contenimento.

Se la capacità di esecuzione dei test è limitata, tutti gli altri individui che presentano sintomi possono essere considerati casi probabili e isolati senza test supplementari.

Appare evidente che la condizione dei casi asintomatici non è presa in considerazione se non in via residuale, nel caso in cui vi siano sufficienti risorse per effettuare lo screening.

A prescindere dai casi sopra citati, siamo sicuri che chiunque vorrà conoscere prima o poi se ha contratto o meno il coronavirus ed agire di conseguenza. E’ quindi auspicabile aumentare, come del resto è previsto, le capacità di analisi dei campioni delle singole regioni.

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