Gospel, fumogeni biancoazzurri e cori per dire addio ad Alessandro Neri

“Vi prego, vi scongiuro, non frequentate ambienti che non dovete. Se Ale ora è in cielo vi proteggerà. Andate sulla retta via. Dovete convertirvi, avete famiglia, figli”. Queste parole di Laura Lamaletto, mamma di Alessandro, ad echeggiare nel silenzio assordante della chiesa di San Camillo De Lellis. La messa funebre per l’ultimo saluto al figlio, ucciso giovedì scorso in circostanze misteriosissime ed ancora da decifrare, si è aperta con un brano del coro gospel di Pescara ‘The Precious Gospel Singers’. Davanti a una folla straripante (parenti, amici, familiari e semplici cittadini, le autorità del Comune di Spoltore) l’italovenezuelana ha trovato la forza di interrompere le lacrime e di trasformare il suo dolore in un grido di rabbia: “Ve lo chiedo in ginocchio: aiutatemi a trovare il colpevole. Vi prego, per favore, non fate che mio figlio sia morto invano. Vi chiedo di aiutarmi a trovare chi ha fatto questo a mio figlio. Non ho sete di vendetta, nessuno della nostra famiglia ce l’ha. Vogliamo solo sapere la verità, è giusto che si sappia perché ce l’hanno tolto in un modo molto cruento. Ale riposa in pace, ma ha bisogno della verità anche lui. Non facciamo cadere il buio e le tenebre intorno ad Ale, la verità deve venire fuori. Non piangete la morte di Ale, dovete ridere, come a lui farebbe piacere; non fate che mio figlio muoia una seconda volta“. Così, dritte al centro del cuore anche le parole di Don Cristiano Marcucci, ad officiare la solenne cerimonia funebre: “Esternamente possiamo chiedere di fare chiarezza alle forze dell’ordine e alle autorità competenti, come fanno i parenti. È giusto sapere la verità, ma questo sarebbe troppo poco. Non toglie il buio. È qualcosa di fuori e le cose di fuori sono sempre molto superficiali. Noi possiamo non scappare da questo vuoto, possiamo abitarlo. Quando non scappo dal baratro e dal buio  mi accorgo che quel buio e quel baratro non mi risucchiano, non mi ammazzano. Un vuoto abitato, con tutto il suo dramma, con la forza interiore che ognuno ha, comincia a diventare un pieno. Oggi Alessandro con la sua storia ci presenta un vuoto immenso. Quando non scappiamo dai vuoti, la vita rinasce e acquista in qualche modo un’altra dimensione. Questo vuoto non lo possiamo illuminare ma alla famiglia di Alessandro possiamo dire ‘siamo con voi dentro questo vuoto’”. Un vuoto che si leggeva palesemente negli occhi e nello sguardo del padre o nelle lacrime dei fratelli Paolo Junior, Massimiliano e Vittoria. Proprio quest’ultima, insieme a un amico di famiglia, ha voluto portare fuori dalla chiesa la gigantografia di Alessandro che era stata posizionata davanti l’altare, al posto del feretro, circondata da rose bianche, vicino alla bandiera giallo-blu e rossa portata dalla comunità venezuelana. E lì fuori l’ultimo saluto degli amici, con indosso le maglie del povero ragazzo ucciso e la scritta in spagnolo: Un momento para conocer una vida que te olvide (un attimo per conoscerti una vita per dimenticarti). Un lungo applauso, palloncini liberati in cielo e poi l’addio degli amici della Curva Nord, emozionanti come solo i veri ultras. Bloccando il traffico di via Italia hanno acceso dei fumogeni e intonato cori da stadio: “Sarai sempre con noi”. Infine il corteo degli amici si è spostato nella piazzetta nella quale, nei giorni scorsi, qualcuno (di loro) aveva inciso l’empatica scritta Nerino nel cuore. La famiglia, infine, ha voluto ringraziare tutta la comunità villaraspese e il parroco di San Camillo, don Domenico Di Pietropaolo, per la vicinanza dimostrata in questo momento di insopportabile dolore.

I familiari di Ale avevano chiesto di evitare riprese e fotografie all’interno della chiesa e di rispettare il loro dolore. Noi di SpoltoreNotizie.it non potevamo sottrarci a questa loro volontà, e abbiamo mantenuto la promessa che purtroppo non tutti hanno rispettato. Proseguono le indagini ma al momento non ci sono sviluppi. I carabinieri  cercano nella vita del giovane un appiglio che possa condurli al movente quindi al killer e al mandante che potrebbero essere anche la stessa persona.

Costantino Spina

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