Il dramma di una famiglia spoltorese contagiata dal virus

Purtroppo il virus é un nemico infido, forse il più grave pericolo per l’uomo del Terzo Millennio. Arriva di nascosto, colpisce chiunque in modo indiscriminato, é uno spietato killer invisibile. Tra le vittime di questa tremenda epidemia anche una ‘nota’ famiglia spoltorese, un intero nucleo composto da moglie e marito, entrambi pensionati, e i suoceri ultranovantenni. Ne parliamo, in questa testimonianza diretta, non per dare “luce al terrore” ma perché tutti sappiano delle difficoltà enormi e dei rischi che, purtroppo, molti concittadini ancora sottovalutano. Del caso in questione, come di tanti altri, non è neppure chiara l’origine del contagio ne’ quando finirà a riprova, ulteriore, dell’incertezza quotidiana che ciascuno vive temendo il contagio.

Vuole raccontarci come è iniziata?

Prima i sintomi. Tosse, febbre, dolori alla schiena e il respiro sempre più affannoso da far temere. Poi la paura. La valigia pronta. Si cerca aiuto come viene suggerito di fare dal Ministero della Salute. Chiamiamo il 1.500 ma ahimè mi si risponde di chiamare il 118 che però non può intervenire subito data l’enorme mole di lavoro. La paura è tanta allora decidiamo di trasportare in ospedale mia moglie che appariva la più bisognosa di cure immediate e così è avvenuto.

Quando e’ avvenuto il ricovero degli altri contagiati?

A seguito di molte peripezie sono riuscito a far trasportare in ospedale a Pescara mio suocero e mia suocera. Oggi, gli stessi, sono ricoverati a Chieti dove vengono curati a prescindere dalla loro età, con professionalità e una gran dose di umanità. Mio suocero ha superato la crisi iniziale e oggi ho la speranza che questa brutta storia diventi solo un brutto ricordo.

Cosa sente di dire ai concittadini spoltoresi?

Quello che non deve spaventare è che se amiamo la vita nostra e dei nostri cari non dobbiamo mai arrenderci e lottare perché solo così qualcuno viene in nostro aiuto.

Grazie per la sua testimonianza, il nostro augurio alla sua famiglia.

Il nostro concittadino sta bene, vive in ‘isolamento domiciliare’ da oltre un mese ma non può incontrare neppure i propri figli per timore di contagiarli. Nel racconto ci ha fatto sapere che il responso del tampone è arrivato solamente dieci giorni dopo il test, una circostanza che forse ha aggravato la situazione in casa. Presto verrà sottoposto ad un nuovo esame – i sintomi della malattia sono fortunatamente scomparsi – ma passerà ancora molto altro tempo ancora prima di poter riabbracciare la propria famiglia al completo.

Sn.it

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