Anche lo zio Camillo non c’entra nulla con l’esecuzione di Alessandro

“Non vedevo Alessandro da molto tempo. L’ultima volta è stato quando mia madre (Ndr, nonna del ragazzo ucciso) era stata ricoverata in ospedale”. Queste le parole dell’imprenditore italo-venezuelano Camillo Lamaletto, ascoltato in Procura a Pescara nell’ambito dell’omicidio di Alessandro Neri.  Lo zio del 28enne di Villa Raspa, ucciso il 5 marzo 2018 probabilmente nel torrente di Fosso Vallelunga, ha risposto a tutte le domande del pubblico ministero Valentina D’Agostino. Alla presenza dei suoi avvocati Canio Salese e Vincenzo Di Girolamo ha raccontato di trascorrere più tempo in Venezuela che in Italia per ragioni di lavoro ed ha anche ricostruito i rapporti con la sorella, madre della vittima, confermando i dissapori che si erano venuti a creare per questioni societarie relative alla gestione dell’azienda vitivinicola di famiglia, ‘Il Feuduccio’ di Orsogna.  Al momento, a circa un mese e mezzo dall’omicidio, non ci sono indagati per la morte del ragazzo. Il fascicolo resta aperto contro ignoti mentre i carabinieri continuano nella ricerca della verità che al momento sfugge. L’idea, tramontata definitivamente la pista della faida famigliare, è quella che porta a dei rapporti di Nerino con ‘un mondo sommerso’ nel quale gli investigatori faticano ad entrare. L’amico ha parlato alla trasmissione ‘Quarto Grado’ di un “insospettabile” che gli avrebbe presentato “altre persone” altrimenti “sicuramente Ale non si sarebbe fidato”. Ma che cosa è accaduto quel lunedì sera? Cosa volevano quelle persone da lui? E cosa si è rifiutato di dargli? Queste domande al momento non trovano risposte. Intanto mamma Laura Lamaletto è tornata a lanciare un appello all’assassino di Ale: “Ti auguro tu possa accettare quello che gli hai fatto dal momento che è immutabile e mi auguro che con la morte di Ale si convertano tutti. In questo tempo io mi sono convertita. A te che hai sparato ad Ale ti confido che ho e avrò abbastanza forza per superare molte battaglie e l’umiltà di sapere che ci sono processi nella vita che non sono per perdere o vincere ma per imparare. Caro assassino di Ale ti dico che è arrivata l’ora di confessare”.

Sn.it

 

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