L’imprenditore edile di Santa Teresa racconta l’incubo del ‘Piano Coumadin’

“Stavo male ma nessun medico riusciva a capire cosa stesse accadendo nel mio corpo”. Antonio Di Tommaso, 56 anni, nato a Rosciano ma spoltorese di residenza, ha raccontato ieri pomeriggio in Tribunale a Pescara una delle storie piu’ allucinanti che, nella nostra brevissima esperienza professionale, abbiamo avuto l’opportunità di poter ascoltare con le nostre orecchie. L’uomo, che in questo processo per tentato omicidio (il suo) è parte lesa, ha descritto quanto capitatogli durante l’ultimo periodo della relazione, durata cinque anni, con la sua attuale moglie, Daniela Lo Russo, 44 anni, originaria di Barletta ma da tempo residente a Pescara. “Dopo il matrimonio – ha spiegato il Di Tommaso dal banco dei testimoni – siamo andati a vivere a casa mia. Noi vivevamo al primo piano, mio fratello al secondo e i nostri figli, quelli miei e quelli di Daniela (Ndr, avuti da una precedente relazione. Sono entrambi vedovi) in mansarda. Eravamo una famiglia normale con alti e bassi. Un giorno disse che non stava più bene in quella casa e se ne andò  come aveva fatto il figlio qualche tempo prima”. E poi ancora: “Lei mi dava una mano nell’amministrazione dell’azienda finchè ho dovuto smettere di lavorare perchè a dicembre 2015 ho avuto una ischemia e sono iniziati i miei ricoveri presso diverse strutture sanitarie senza, però, mai venire a capo dell’origine della mia malattia”. L’ex imprenditore edile di Santa Teresa ha risposto alle domande del pubblico ministero Rosangela Di Stefano ed alle contestazioni dei legali difensori degli altri imputati: il figlio della moglie, Michele Gruosso, 22 anni, anche lui di Pescara, accusato con la madre per gli stessi reati, e un 32enne originario della Colombia ma residente a Silvi, Moscquera Zabala Edwin Andrei, per un’aggressione con mazze da baseball sotto casa dell’uomo, la sera del 10 luglio 2016. Nel processo è imputato anche un 57enne, originario del Piemonte, sul quale pende il capo di imputazione che risponde a lesioni aggravate, che pero’ in questa vicenda avrebbe avuto un ruolo marginale. “Dopo che sono uscito dall’ospedale”, ha chiarito l’uomo con riferimento all’ultimo ricovero prima degli arresti scaturiti da un’intuizione investigativa di un ex militare della stazione dei carabinieri di Spoltore, “non ho più conosciuto un medico ma, intanto, la mia vita era cambiata da così a così” facendo riferimento ad altri problemi legati all’attività professionale. Ricordiamo che, secondo l’accusa, madre e figlio avrebbero organizzato un piano definito “diabolico” attraverso la somministrazione occulta di dosi massicce di Coumadin, un potente anticoagulante che rende il sangue più fluido, insieme all’En (uno psicofarmaco), per condurlo alla morte. Ipotesi, quest’ultima, respinta veementemente dai legali di madre e figlio, principali imputati in questo processo. Nell’udienza di ieri sono stati ascoltati il fratello del Di Tommaso, il CTU dott. Ortolano che ha analizzato e riferito ai giudici del contenuto dei telefoni cellulari sequestrati (sms, whatsapp) agli imputati ed un pc (ricerche internet), due carabinieri dei Nas che hanno rilevato gli acquisti di farmaci ed un maresciallo del Comando Provinciale di Pescara che ha effettuato le perquisizioni domiciliari. Adesso il calendario giudiziario è stato aggiornato al 25 luglio 2016, ore 14:30, con l’escussione ancora dei testimoni dell’accusa: i medici che hanno avuto in cura il Di Tommaso.

Nota di redazione

Naturalmente, come sempre, siamo disponibili ad ospitare sui nostri spazi contributi di accertamento della verità dei fatti e/o rettifiche. La mail è info@spoltorenotizie.it.

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