Processo Coumadin, l’accusata: “Non volevo uccidere”

Non ho mai negato di voler ledere Antonio Di Tommaso, ma da qui a dire che volevo ucciderlo non è assolutamente vero”. Daniela Lo Russo, accusata di aver orchestrato un piano per uccidere il marito, imprenditore edile di Santa Teresa di Spoltore attraverso massicce dosi di ‘Coumadin’, ha respinto così le accuse mosse nei suoi confronti. “Io e la mia famiglia siamo stati accusati di essere degli assassini – ha spiegato la donna imputata in questo processo insieme al figlio, Michele Gruosso – mentre Di Tommaso come una persona immacolata. Ma non è così. In cinque anni di convivenza ho subito molestie, sono stata picchiata e buttata dalle scale”. Nel racconto di ieri, mercoledì 8 luglio, in tribunale si é difesa sosgenendo di avere “sbagliato a non sporgere mai denuncia” di essere stata  “ricoverata in psichiatria“ e di avere avuto “un infarto causato dallo stress“. E poi ancora: “Io e i miei figli siamo entrati in una spirale d’inferno e solo dopo tanto siamo riusciti a ricostruire il nostro rapporto familiare”. Al termine di queste dichiarazioni, spontanee, il suo legale, l’avvocato Domenico Travaglini, ha chiesto per l’imputata una perizia psichiatrica. Richiesta però che é stata rigettata dal collegio giudicante presieduto da Antonella Di Carlo. Durante il dibattimento sono stati ascoltati anche diversi testimoni della difesa, tra cui il medico Giancarlo Battista. “Di Tommaso era scoagulato di continuo – ha precisato il dottore – nonostante nella sua stanza non ci fossero farmaci che potevano causare questo problema e le raccomandazioni a non assumere nulla che arrivasse dall’esterno”. Il prossimo 9 settembre ci sarà la discussione a cui seguirà poi la sentenza per questa vicenda dai tratti incredibili.

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