Solitudine – una compagna spesso sgradita

La “solitudine” è un concetto multifattoriale e complesso. La letteratura scientifica distingue diverse accezioni, a seconda che questa sia una condizione ricercata, subìta o imposta (Corsano et al., 2011). Tra le varie dimensioni che vi si avvicinano, a volte sovrapponendosi a questo concetto, rientra l’isolamento sociale (social isolation). Tuttavia, mentre con quest’ultimo termine si intende uno stato oggettivo che riguarda la quantità di relazioni sociali e contatti, la solitudine (loneliness) è un’esperienza soggettiva e qualitativa che rimanda a uno specifico vissuto esistenziale e personale. Secondo Cacioppo e colleghi (2008), la solitudine può indirizzare gli individui verso stili di vita e comportamenti disfunzionali in 5 possibili modi:

  1. diminuendo la capacità di regolarsi, portando così all’adozione di abitudini dannose, come mangiare troppo o affidarsi all’alcol;

  2. favorendo una condizione di stress, soprattutto nelle persone di mezza età;

  3. riducendo la possibilità di impegnarsi in relazioni con altre persone e con una minore propensione a cercare supporto emotivo rendendo, di fatto, gli individui ancora più isolati;

  4. incidendo sul sistema immunitario e cardiovascolare: la solitudine può essere dannosa per salute come fumare 15 sigarette al giorno (Holt-Lunstad, 2015);

  5. comportando difficoltà nel dormire, con effetti sul metabolismo e sulla regolazione neuronale e ormonale analoghi a quelli del processo di invecchiamento.

Fattori economici come la povertà e fattori sociali come la presenza di disuguaglianze e disparità rischiano di contribuire a tale fenomeno, lasciando ai margini le persone con maggiori vulnerabilità che, frequentemente, presentano anche problemi di salute mentale. In particolare, l’esclusione dai gruppi sociali e dalle relazioni sembrerebbero produrre una tendenza verso comportamenti aggressivi (Twenge et al., 2001). La solitudine può avere significative ripercussioni negative sulla salute, rappresentando un fattore di rischio per suicidio, depressione e demenza. La scarsità o l’assenza di relazioni sociali possono minare la salute della persona a tutte le età, ma ciò sembra essere maggiormente vero negli over 65. L’Italia, infatti, è il secondo paese più vecchio dopo il Giappone. Gli anziani nel nostro paese sono 168,7 ogni 100 giovani (Istat, 2018). Indipendentemente dall’età, ammonta a 3 milioni circa il numero degli italiani che dichiarano di non avere nessuna rete esterna alla famiglia e solo il 20% possiede una rete su cui fare affidamento (Istat, 2018). In Abruzzo il 24% degli over 65 è a rischio di isolamento sociale: con il rischio di comportare un aumento di ospedalizzazioni e di ricadute negative sulla salute (Passi d’argento- Regione Abruzzo, 2012- 2013), costituendo anche un costo a livello sanitario. La paura della solitudine minaccia fortemente anche i più giovani. Gli adolescenti in particolare contano sull’appoggio dei coetanei e degli amici che costituiscono un fondamentale punto di riferimento e di sostegno sociale. Riscoprire l’importanza della relazioni interpersonali può favorire maggiore consapevolezza di sé e promuovere il proprio benessere psicologico, di cui gli altri sono parte essenziale.

Dottoressa Ilaria Truglia

psicologa, psicoterapeuta, Ph.D.

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