Ritrovato un ossario nelle stanze sotto la chiesa di San Panfilo a Spoltore

Si tratta di un tesoro archeologico che valorizza ulteriormente il patrimonio storico culturale del nostro comune e che apre degli spiragli verso potenziali scoperte mozzafiato. Addirittura, si vocifera che, potrebbero esistere cunicoli sotterranei di collegamento punti strategici del nostro centro storico; Misteriosi passaggi segreti che aprirebbero una via tra le due chiese del paese, San Panfilo dentro e fuori le mura, cunicoli  che potrebbero conservare una “Spoltore Underground” ferma nel tempo da secoli e secoli.

Ma senza fantasticare poi troppo e lasciando al futuro quelle che potrebbero essere le effettive evoluzioni delle ricerche in corso, sappiamo che attualmente è stato riportato alla luce un locale ipogeo, ambiente artificiale sotterraneo, nella zona sottostante la “congrega” della cattedrale di Spoltore centro storico, cioè sotto la più comunemente nota “cripta”. (in calce all’articolo, in anteprima, le foto originali dei ritrovamenti)

Nella relazione relativa al rinvenimento di questo tesoro appartenente alla nostra comunità, resoconto stilato dal comitato promotore del progetto e che noi di seguito pubblichiamo integralmente, è raccontato perfettamente tutto il percorso speleologico ed archeologico che ci prepara, tutti, a quella che sarà l’attesissima presentazione di questi luoghi al “grande” pubblico spoltorese e non. Ci fanno sapere  che, per il compimento di quest’opera di ritrovamento, speriamo solamente all’inizio di una lunga ed affascinante fase, è stato  fondamentale  il supporto tecnico ed il lavoro svolto dallo SpeleoClub di Chieti, al quale va fatto  un ringraziamento particolare.

La Parrocchia di San Panfilo Vescovo e l’amministrazione comunale di Spoltore presenteranno “L’OSSARIO RITROVATO, ALLA RICERCA DELLE ORIGINI PERDUTE”, venerdì 18 novembre p.v. alle ore 11:00 c/o i locali della Congrega di Spoltore (la cripta) in piazza Q. Di Marzio.

Interverranno all’evento:

Per la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio dell’Abruzzo, il dott. Francesco Di Gennaro, il dott. Andrea Staffa e l’arch. Giuseppe Di Girolamo; l’antropologa e scrittrice spoltorese prof.ssa Maria Concetta Nicolai.

Porteranno i loro saluti:

Don Gino Cilli, parroco di Spoltore; Luciano Di Lorito sindaco; Cinzia Berardinelli delegata dello SpeleoClub di Chieti.

Coordinerà l’incontro inaugurale l’arch. Luigi Antonio Miccoli.

Ovviamente, la cittadinanza è invitata a partecipare.

 

Relazione al rinvenimento del locale ipogeo:

L’attuale chiesa di San Panfilo Vescovo, edificata intorno alla seconda metà del settecento, ha inglobato parte di una preesistente costruzione religiosa, denominata chiesa di Santa Maria della porta. Questa circostanza ci fa ritenere che in alcuni locali della basilica sia ancora possibile individuare, senza interventi particolarmente invasivi, tracce ed elementi architettonici della precedente chiesa. Un gruppo di amici, appassionati di storia locale, coordinati dall’Arch. Luigi Antonio Miccoli, e motivati da Don Rinaldo Lavezzo, parroco della Chiesa di San Panfilo Vescovo fino ad agosto scorso, ha cercato di capire che cosa si nasconda al di sotto della pavimentazione dell’antica cappella della Madonna del Suffragio, oggi meglio conosciuta dalla comunità spoltorese con il nome di Congrega o Cripta. Le operazioni di ricerca si sono protratte per circa un mese. Queste sono state possibili sia grazie all’apporto dei promotori che hanno prestato gratuitamente la loro opera nelle attività di ripulitura, sia grazie alla piena disponibilità dell’Amministrazione comunale di Spoltore. Questa ha infatti concesso un contributo economico indispensabili per il completamento dei lavori avviati. Ogni singola operazione intrapresa è stata concordata e autorizzata dalle rispettive Soprintendenze e più precisamente da quella Archeologica nella persone del dott. Andrea Staffa e da quella Architettonica nella persona dell’arch. Giuseppe Di Girolamo. Un ruolo fondamentale è stato svolto dal gruppo Speleo di Chieti che ha curato la fase di svuotamento e ripulitura dell’ambiente ipogeo ritrovato. I lavori eseguiti, hanno permesso di individuare poco al disotto del livello di calpestio, in corrispondenza dell’area presbiteriale, oltre a resti di mura di difficile interpretazione architettonica, anche un locale sotterraneo. Non sappiamo se questo ritrovamento sia riconducibile o meno all’antica chiesa di Santa Maria della porta, sarà compito degli studiosi rispondere a questo interrogativo. Alla scoperta dell’ambiente ipogeo, si è arrivati attraverso una serie di saggi esplorativi, consistenti in piccoli e mirati scavi. Ciò è stato possibile in quanto in una parte della cappella, la pavimentazione risulta mancante, probabilmente a seguito di lavori edili eseguiti nei primi anni sessanta del XX secolo, e parzialmente sostituita da un antiestetico e grossolano massetto in cemento. Questa situazione ha reso facile e meno impattanti i lavori di scavo. La parziale rimozione dello strato di cemento, oltre a mettere in luce la presenza di un’antica e interessante pavimentazione in laterizio, sicuramente da recuperare e valorizzare, ha evidenziato l’esistenza di un solaio a volta. La presenza di una piccola sfaldatura in un tratto della muratura, sufficiente per dimensione a garantire il passaggio di un cavetto flessibile munito di microtelecamera, ha permesso di esaminare e comprendere, cosa si nascondesse al suo interno. Lo studio delle foto, oltre a chiarire la natura dell’ambiente ritrovato, ha permesso di individuare la precisa posizione della botola d’ingresso, chiaramente murata al momento dei sondaggi. Con l’Autorizzazione delle Soprintendenze e con il consenso della Diocesi, si è deciso di approfondire lo studio dell’ambiente e di accedervi, rimuovendo dapprima, in corrispondenza della botola d’accesso, parte della sovrastante pavimentazione, per poi procedere alla sua completa ripulitura. Il locale sotterraneo si presentava in condizioni statiche buone. Risultava in parte riempito di materiale edile di scarto, con molta probabilità qui accantonato nei primi anni del Novecento, a seguito dei vari lavori di rifacimento effettuati in chiesa. Alla fase di rimozione è seguita quindi la fase di smaltimento, operazione affidata e regolarmente eseguita da una ditta specializzata operante in zona. L’ipogeo, la cui destinazione originaria era quella di ossario, ha una struttura a pianta rettangolare con i lati lunghi rispettivamente mt. 3,45 e mt. 1,95, l’altezza e di circa mt. 3,00 nel punto più alto della volta. La copertura a botte ribassata è realizzata in mattoni legati a malta. Il tipo di mattoni utilizzati e la tecnica costruttiva adottata, ci inducono a ritenere che la costruzione dell’ipogeo sia avvenuta in un periodo sicuramente antecedente a quello di edificazione dell’attuale chiesa. L’accesso all’ambiente avviene attraverso una botola di forma rettangolare le cui dimensioni sono di cm. 65 x 115. Sia le murature laterali che la volta non presentano problemi strutturali, quali lesioni o tracce di cedimenti fondali. Le pareti in mattoni non riportano residui di intonaco, ne tracce di affreschi o rilievi. Interessanti e di non facile interpretazione risultano le quattro sporgenze in mattoni che si alternano orizzontalmente lungo le due murature interne, due per lato, a modo di piccole mensole. La disposizione simmetrica adottata, ci induce a considerarle o come possibili piani d’appoggio usati nella fase di costruzione dell’ipogeo o come piccoli supporti anticamente adoperati nelle operazioni di tumulazione. Non è stato possibile rilevare il tipo di pavimentazione esistente alla base del locale in quanto al di sotto del materiale di risulta asportato, risultano ancora presenti resti ossei che si è deciso di non rimuovere.  Proprio la destinazione dell’ambiente, ci porta comunque  a ritenere più plausibile l’esistenza di una pavimentazione a terra che una in laterizio, in quanto quest’ultima probabilmente avrebbe reso più difficoltose le operazioni di drenaggio nel processo di naturale decomposizione. Non sono stati ritrovati elementi d’arredo architettonici o reperti d’interesse storico culturale, fatta eccezione per un piccolo basamento in pietra calcarea, privo di qualunque iscrizione, probabilmente qui riutilizzato come copertura di una sepoltura neonatale. Tra i materiali di risulta recuperati è presente anche una tavola in legno completamente deteriorata, di circa quattro centimetri di spessore, le cui dimensioni coincidono perfetta-mente con quelle della botola, ciò ci porta a ritenere che questa con molta probabilità costituiva, l’originale sportello di chiusura della botola d’accesso.Terminate le operazione di rimozione, si è provveduto a ripulire le pareti dalle efflorescenze di salnitro, a dotare il locale di un punto luce e infine a realizzare, in corrispondenza della botola di accesso una copertura in vetro. Questa è idonea a garantire sia la visibilità interna del locale ritrovato sia la sua messa in sicurezza.  Al fine di avere un quadro completo del sottosuolo della cappella, sono stati eseguiti ulteriori sondaggi esplorativi. Da uno di questi è emerso l’esistenza di un secondo ambiente sotterraneo, collocato parallelamente all’altro e a questo probabilmente simile sia per dimensioni sia per destinazione originaria. Le possibili somiglianze e le affinità ne hanno suggerito la non apertura. E’ facile credere che al di sotto della pavimentazione, oltre ai due locali ritrovati ne esistano altri due, disposti simmetricamente ai due già individuati. Rimane ora da decidere in accordo con le Soprintendenze e la Curia, come valorizzare, conservare e rendere fruibile l’ipogeo ritrovato, sempre nel rispetto della originaria destinazione. La disponibilità della Soprintendenza Archeologica di assegnare ad alcuni studenti universitari il compito di studiare l’ambiente ritrovato, allo scopo di acquisire e ottenere nuove informazioni di natura storica – archeologica, da riportare in una possibile tesi di laurea, rappresenta sicuramente un importante passo avanti verso la direzione auspicata. Si pone a questo punto la questione se proseguire o meno le attività di ricerca e sondaggio in altri locali della chiesa; la collaborazione degli Enti istituzionali locali e la partecipazione delle altre associazioni culturali operanti sul territorio diventa ora elemento indispensabile per il completamento delle attività iniziate e per i progetti ancora da avviare.

Comitato promotore:  Don Rinaldo Lavezzo, Berardinelli Cinzia, Crocetta Pamela, Leone Sabatino, Miccoli Gino, Morico Lucio, Profico Attilio.

Hanno inoltre collaborato: Ciferni Gianfranco, Coccia Enzo, Febo Giancarlo, Zenone Fabrizio.

 

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Simone C.

 

 

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